INCONTRI DI FORMAZIONE SUL DIRITTO PENALE DELLA FAMIGLIA - AIAF TOSCANA - SEZIONE TERRITORIALE DI LUCCA

Il 20 dicembre u.s. il Tribunale di Lucca, a seguito di ricorso presentato dall’Avv. Monica Bonati per la regolamentazione della responsabilità genitoriale con allegazioni di violenza, ha emesso, unitamente ad un decreto inaudita altera parte con cui ha ordinato la cessazione delle condotte pregiudizievoli con divieto di avvicinamento, il decreto previsto dall’art. 473-bis n.42 c.p.c. con cui, oltre a fissare l’udienza per la comparizione delle parti, ha specificatamente richiesto alla Procura una serie di atti, tra cui il casellario giudiziale, il certificato dei carichi pendenti ed altri atti relativi al convenuto non coperti dal segreto istruttorio.

(Link per visualizzare il decreto di fissazione udienza)

Proprio della necessità di questo coordinamento e dell’integrazione tra giustizia penale e giustizia civile si è parlato nella seconda parte del corso sul diritto penale della famiglia promosso da AIAF - Lucca, tenutosi lo scorso novembre.

L’incontro è stato introdotto dall’Avv. Elena Benedetti, Presidente AIAF Toscana, e moderato dall’Avv. Tiziana Pedonese che ha presentato l’articolo 64-bis disp att cpp, un’importante norma che segna un passo in avanti per una visione integrata della giustizia. Introdotto con la legge 69/2019, l’articolo codifica l’obbligo di trasmissione di atti del procedimento penale al giudice civile, per evitare che questo ignori situazioni di violenza o abuso che potrebbero compromettere la sicurezza di una parte coinvolta. Il nostro Tribunale ha stipulato a latere un protocollo d’intesa che prevede un concreto coordinamento tra i vari giudici.

Il corso ha poi visto l’intervento della Dott.ssa Michela Boi, Giudice civile e tutelare del Tribunale di Lucca che ha analizzato, alla luce della riforma Cartabia, alcune norme processuali tra cui gli ordini di protezione contro gli abusi familiari (art. 342-bis c.c.) e il provvedimento di allontanamento dalla casa familiare (art. 282-bis c.p.p.), strumenti volti a garantire interventi urgenti per tutelare le vittime di violenze domestiche mediante l’applicazione di misure temporanee, mirate a cessare situazioni di grave pregiudizio fisico, morale o la libertà personale.

Tra i presupposti applicativi dell’ordine di protezione se ne distingue uno di natura oggettiva (condotta che sia causa di grave pregiudizio per l’integrità fisica, morale o per la libertà) e uno di natura soggettiva (condotta posta in essere da o nei confronti del coniuge / soggetto convivente). La norma definisce la condotta in maniera molto ampia per non vanificare le esigenze primarie di tutela della vittima, è quindi il giudice che deve selezionare i comportamenti rilevanti in base al criterio del “grave pregiudizio / pericolo”; non rientra tra i presupposti la reiterazione della condotta, quindi anche una singola azione può legittimare l’adozione della misura, purché sia idonea a esporre a concreto grave pericolo o danno l’integrità fisica/morale o la libertà dell’altra parte. Non è richiesta la commissione del reato e non rileva nemmeno l’elemento psicologico o l’imputabilità della condotta, infatti l’istituto non ha finalità punitive ma mira a tutelare la vittima in via prioritaria e immediata, ampliando la tutela anche alle famiglie di fatto, incluse unioni civili e convivenze cessate (che comprende anche una relazione affettiva connotata in termini di tendenziale stabilità senza una effettiva convivenza). Particolare attenzione è riservata ai minori, che siano vittime dirette o indirette di abusi, in quest’ultimo caso la misura è contestualmente applicata nei confronti della vittima diretta e del minore che subisce una condotta pregiudizievole. 

Il nucleo percettivo dell’ordine di protezione è rappresentato dalla cessazione della condotta pregiudizievole e dall’allontanamento dalla casa familiare, ove vi sia ancora la convivenza. In base alle esigenze specifiche ci sono contenuti eventuali: divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima, prescrizioni economiche, intervento dei servizi territoriali. Il Giudice nella scelta di quali misure adottare deve operare un bilanciamento nel rispetto del principio di proporzionalità che consenta di salvaguardare entrambi i diritti in gioco.

L’incontro è poi proseguito con l’intervento della Dott.ssa Antonia Aracri, GIP del Tribunale di Lucca, che ha analizzato le misure cautelari coercitive ex art. 282-bis c.p.p. (allontanamento dalla casa familiare) e art 282-ter c.p.p. (divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa). Queste misure limitano la libertà di movimento dell’indagato al fine di proteggere la persona offesa, prevedendo oggi una distanza minima dalla persona offesa e  dai luoghi dalla medesima frequentati non inferiore a 500 metri e l’applicazione dello strumento di controllo ex art 275-bis c.p.p., il cd. braccialetto elettronico. La Dott.ssa ha sottolineato un’importante sentenza della Corte Costituzionale n. 173/2024, in cui viene affrontato il problema della non fattibilità tecnica del braccialetto, chiarendo che il giudice può applicare anche misure più lievi, come l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, per rispettare la proporzionalità delle restrizioni. Non scatta quindi l’immediata applicazione della custodia cautelare, ma si riapre lo spazio di valutazione del giudice che deve decidere se applicare la misura degli arresti domiciliari senza braccialetto. Rilevante in tema di violenza e abusi è anche l’elaborazione giurisprudenziale del concetto di “casa familiare” e “convivenza”, esteso a unioni di fatto senza coabitazione, quelle situazioni in cui il giudice ravvisi “un’assunzione volontaria di un impegno reciproco”. 

L’incontro è terminato poi con un interessante dialogo tra avvocati e magistrati dove i primi hanno posto diverse domande soprattutto di taglio pratico. Vediamole nel dettaglio:

  1. Qualora ci sia un genitore sottoposto a misure cautelari quali il divieto di avvicinamento, come si regolamenta il diritto alla visita con il figlio? Se la misura è a tutela del genitore collocatario, il diritto di visita del genitore non collocatario deve essere organizzato in modo da non violare la misura stessa, ad esempio coinvolgendo i servizi sociali per garantire incontri protetti e senza contatti tra i genitori. Viene in rilievo come preminente l’interesse del minore e il suo diritto alla bigenitorialità.
  2. Ordini di protezione e misure cautelari, possono sovrapporsi in capo al medesimo soggetto? Si, per quanto i contenuti siano in parte sovrapponibili, non lo sono necessariamente in concreto, inoltre il giudice civile non può adottare provvedimenti che può adottare il giudice penale. Questi infatti seguono logiche differenti: il giudice penale ha il compito di prevenire reati e tutelare interessi pubblici, il giudice civile mira a regolare crisi familiari. 
  3. Le prescrizioni economiche impartite in sede civile ex art 473-bis.70 c.p.c. e le prescrizioni di tipo economico in sede penale, come coesistono? Possono coesistere, ma l’efficacia delle prescrizioni economiche (ad esempio assegni di mantenimento) è subordinata alla situazione economica delle parti: quando colui che viene allontanato lascia il nucleo privo dei mezzi di sostentamento si può prevedere un assegno. Se la famiglia è già beneficiaria di una previsione di contenuto economico accertata da altro giudice viene meno il presupposto della mancanza di mezzi di sostentamento.
  4. Come funzionano in concreto le comunicazioni tra giudice civile e penale? La comunicazione tra giudici penali e civili è regolamentata da protocolli che ciascun Tribunale solitamente adotta per garantire lo scambio di informazioni utili senza violare il segreto istruttorio e prevedendo modalità pratiche con cui vengono gestite le comunicazioni tra uffici. Mentre nel 64-bis disp. att. c.p.p. è il PM che trasmette e comunica, una volta valutato che il suo segreto istruttorio non c’è più, nel caso di richiesta proveniente dal giudice civile ex art 473-bis.42 comma 5 c.p.c., questi, non avendo idea dell'esistenza di un procedimento e dello stato in cui sia, chiede informazioni. In questo caso la risposta stessa può dare la notizia di un procedimento che non era ancora noto all’indagato, perché in fase di indagini e quindi coperto dal segreto.

Questo bilanciamento è quindi molto delicato ma anche fondamentale nell’ottica della visione integrata di giustizia che la Riforma ha inteso perseguire, con il fine ultimo del supremo interesse di tutela nei confronti delle vittime di abusi.

 

Avv. Tiziana Pedonese & Dott.ssa Sara Del Dianda


INCONTRI DI FORMAZIONE SUL DIRITTO PENALE DELLA FAMIGLIA - AIAF TOSCANA – SEZIONE TERRITORIALE DI LUCCA

Il 29 ottobre 2024 si è tenuto il primo dei due incontri sul tema del diritto penale della famiglia, promossi dall’associazione AIAF sezione territoriale di Lucca, volti ad inquadrare i punti di contatto tra la tutela civile e la tutela penale alla luce della Riforma Cartabia.

L’incontro è stato introdotto dall'Avv. Elena Benedetti, Presidente AIAF Toscana, e moderato dall'Avv. Tiziana Pedonese, coordinatrice del gruppo di lavoro, che ha esplorato levoluzione del tormentato concetto di famiglia e linfluenza delle nuove dinamiche sociali e culturali su questo istituto. Tiziana ha spiegato come la famiglia, nelle sue forme moderne – in cui dobbiamo necessariamente includere le unioni civili, le convivenze e le relazioni stabili senza convivenza – sia una realtà giuridica in costante mutamento, in relazione alla quale il diritto penale, pur restando in parte subordinato alla disciplina civile, possieda un'autonomia applicativa.

È necessaria quindi una riflessione sul ruolo dell’avvocato di famiglia che, nel trovarsi ad affrontare i problemi nascenti dalla disgregazione o comunque dalla modifica delle dinamiche del nucleo familiare dei propri assistiti, non può esimersi dall’analizzare le tutele offerte anche in ambito penalistico. Esso deve avere una formazione multidisciplinare e una particolare sensibilità dinanzi al dolore che spesso accompagna, per lungo periodo il procedimento sia esso civile o penale.

L'Avv. Paola Memmola ha analizzato alcuni delitti legati alluso improprio della tecnologia in contesti familiari, quali “interferenze illecite nella vita privata - art 615 bis c.p.”, “accesso abusivo a sistemi informatici o telematici - art 615 ter c.p.” e “violazione sottrazione e soppressione di corrispondenza - art 616 c.p.”.

Nel sottolineare la rilevanza di questi crimini soprattutto nella fase istruttoria del giudizio, ha ricordato che il difensore deve prestare particolare attenzione alle modalità con cui le parti si procurano i mezzi di prova da utilizzare nel processo: a titolo esemplificativo la ripresa della vita privata altrui, anche se operata da un soggetto che vive nel medesimo habitat familiare, è lecita solo quando lautore della condotta sia parte della ripresa stessa oppure quando è stato dato il consenso e sussiste consapevolezza della captazione.

Successivamente, l'Avv. Paola Bragazzi ha discusso larticolo 612 ter c.p., che prevede il reato di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, cd. "revenge porn”. Si tratta di un reato plurioffensivo, che lede la privacy, l’autodeterminazione della sfera sessuale individuale e la libertà morale della persona offesa, dove il presupposto del reato è la totale mancanza del consenso alla diffusione.

Il comma 2 dell’articolo 612 ter cp, assume rilevanza in ambito familiare perché tratta dei cd. “distributori secondari”, persone che non hanno realizzato o sottratto l’immagine, ma la diffondono ad un’ ampia platea rendendola in questo modo virale; secondo la Cassazione il reato si consuma al momento dell’invio, quindi anche se viene trasmesso ai familiari (che non hanno interesse alla diffusione) si configura la condotta prevista.

Sempre nell’ottica dei rapporti familiari, il comma 3 prevede un aumento della pena se il reato è commesso dal coniuge / persona legata da relazione affettiva, riconoscendo maggior disvalore in funzione del rapporto tra reo e persona offesa.

A concludere gli interventi è stata lAvv. Eleonora Romani, che ha analizzato alcuni dei reati “contro l’assistenza familiare”, mediante i quali il legislatore mira a proteggere i membri del nucleo familiare da condotte che determinano una compromissione psicologica, educativa, fisica o materiale.

Tra questi, l’articolo 571 c.p., atto a punire labuso dei mezzi di correzione o di disciplina, reato che non si integra in presenza di un atto di violenza fine a se stesso o violenza fine all’educazione, bensì nell’uso non appropriato di metodi o comportamenti correttivi, tali per cui il minore si senta svilito, triste, limitato nella sua libertà di espressione (tutela l’aspetto educativo - psicologico del minore). Circa la fattispecie prevista dall’art.  572 c.p. - maltrattamenti contro familiari e conviventi, ha precisato che il reato si integra anche in presenza di un singolo episodio di violenza, accompagnato da una serie di insulti e minacce, atti riconosciuti come lesivi della dignità e della integrità psicologica di tutti i componenti della famiglia.

L’appuntamento è al 26 novembre per una tavola rotonda tra avvocati e magistrati nel corso della quale l’attenzione si soffermerà sulla “contaminazione” tra civile e penale,  alla luce dell’art. 64 bis att c.p.p. così come modificato dalla Riforma Cartabia ed in generale sulle norme procedurali relative agli ordini di protezione ed alle misure cautelari.

Avv. Tiziana Pedonese & Dott.ssa Sara Del Dianda


DONNA E CARCERE

Ho avuto l’onore ed il piacere di partecipare sabato scorso all’incontro “Donna e carcere” organizzato dall’Osservatorio Carcere della Camera Penale di Lucca, di cui faccio parte, presso la Casa Circondariale S. Giorgio.

Un momento di riflessione fondamentale per accendere i riflettori sul carcere così da aprirlo alla società civile per indurla a spogliarsi di quell'abito mentale per cui si tratterebbe un luogo di oblio dove le persone si gettano senza alcuna possibilità di recuperarle.

Molti gli interventi, mirati, efficaci, dai quali sono emersi dati significativi: per prima cosa la prospettiva del superamento del carcere per le madri per poi da lì, auspicare una “rivoluzione” cha coinvolga tutti i detenuti.

Una frase delle detenute del carcere di Lecce ha aperto i lavori  “il carcere non è per le donne”: dinanzi ad una condizione di minoranza numerica sul totale dei detenuti negli istituti penitenziari, poco più del 4 per cento, le donne detenute si trovano in una condizione di assoluta marginalità.

Ciò nonostante la redazione di specifici precetti, le regole di Bangkok adottate dall’ONU nel 2010, mirate a delineare un’esecuzione penale che sia capace di adattarsi alle donne ed alle loro esigenze specifiche, che abbia un nuovo volto, da meramente afflittiva a mirata sui servizi e sulla cura della persona.

Pena quindi come opportunità, attraverso un’adeguata formazione, di realizzare un’indipendenza economica per la donna che spesso rimane l’unico referente del suo nucleo familiare: sul punto a livello europeo la tendenza non è buona (come emerge da uno studio del 2017 sull’ applicazione delle regole di Bangkok) poiché la formazione migliore è riservata agli uomini, mentre le donne sono rilegate ad attività tradizionalmente loro atttribuite come pulizia o cucito.

Donna in carcere implica molto spesso la presenza di minori e la necessità di gestire il rapporto madre figli: sebbene con la detenzione domiciliare speciale molto si è fatto per le madri, certamente interessante è la legge 62/2011 che ha introdotto le case famiglia protette, luogo non solo fisico ma di progetti tesi al reinserimento delle donne nella società ed altresì, luogo per porre rimedio ai cosiddetti “bambini galeotti”.

Sul punto tuttavia, si è sottolineato come lo strumento debba essere pensato anche per i padri, una figura abbastanza bistrattata dall’ordinamento penitenziario.

Ad oggi le case sono due, una a Milano ed una a Roma mentre la legge di bilancio 2021/2023 ha previsto un fondo già ripartito tra Regioni da destinare alla creazione di circa 10 strutture che potrebbero assorbire tutta la popolazione carceraria femminile.

Si è poi affrontato l’aspetto dell’ affettività connesso inevitabilmente alla sessualità, fondamentale per la crescita e per evitare conseguenze desocializzanti, che ben può essere conciliato con le esigenze di sicurezza.

Un’iniziativa lodevole è arrivata da Renzo Piano che ha ideato e realizzato MaMa, una casa degli affetti per le mamme ed i bambini, un modo per ritrovare una sorta di normalità e fare prove di futuro.

Per concludere, perché davvero molti sarebbero i temi, gli spunti e le prospettive, i relatori sono sembrati concordi nell’ipotizzare il superamento del carcere come fulcro della dinamica punitiva benché “il carcere sia la detestabile soluzione di cui non si può fare a meno”. BOZZA LOCANDINA EVENTO 04.02.2023


Flussi: pubblicato il Decreto per l'ingresso dei lavoratori stranieri in Italia

È appena stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto flussi migratori per il 2023. Ogni anno c’è una certa attesa poiché ad oggi rimane uno dei principali strumenti per accedere al mercato del lavoro.

Che si tratti di una finzione, poiché il futuro lavoratore si trova già in Italia e conosce il suo datore di lavoro, è cosa nota, ma ciò non esclude l’affidamento che viene riposto nelle quote dai molti stranieri desiderosi di iniziare un percorso regolare nel nostro paese.

Per il 2023 le quote complessive sono pari ad 82.705 unità, di cui 38.705 per lavoro subordinato non stagionale ed autonomo.

In particolare, per quanto attiene al lavoro subordinato non stagionale (di cui 30.105 quote riservate ai cittadini di paesi con i quali sono stati effettuati accordi di cooperazione), lo stesso deve riguardare i seguenti settori: autotrasporto merci per conto terzi, edilizia, turistico alberghiero, meccanica, telecomunicazione, alimentare e cantieristica navale. Quanto al lavoro autonomo, le quote sono appena 500 ed è limitato a coloro che intendano attuare un piano di investimento di interesse nazionale e di importo significativo ovvero costituire imprese start up o ancora liberi professionisti o artisti di chiara fama internazionale.

Per quanto attiene poi al lavoro subordinato stagionale, limitato ai settori agricolo e turistico alberghiero, le unità previste sono 44.000, limitate ai soli stranieri provenienti da paesi con i quali è stato attuato un accordo di cooperazione: vi è da dire, per la lunga esperienza in materia di chi scrive che, spesso, queste sono quote non utilizzate poiché considerate di  “serie b)”  con tutta probabilità poiché da esse discende un visto e, quindi, un permesso di soggiorno di durata limitata che implica un rientro nel proprio paese entro un termine massimo di 9 mesi.

Il consiglio, al contrario, è di sfruttarle e, se possibile, inviare la richiesta sia per lavoro subordinato non stagionale, sia per lavoro subordinato stagionale.

In tal modo, al di là delle maggiori possibilità di rientrare in quota avendo presentato due domande tra loro non incompatibili, sussiste la possibilità di convertire il permesso di soggiorno stagionale in lavoro non stagionale nell’ambito del successivo decreto flussi (quello appena uscito prevede 4400 quote conversione).

Questo garantirà allo straniero di soggiornare in Italia con un permesso di soggiorno di maggiore durata, uno o due anni, e rinnovabile.

Sono meccanismi certamente non semplici per i quali il supporto di un professionista si rende spesso necessario.

Le domande, il famoso “click day”, dovranno essere presentate dalle ore 9 del 27 marzo p.v.

Nel dettaglio, per la specifica attuazione delle disposizioni previste nel decreto, attendiamo l’emanazione della consueta circolare, assolutamente necessaria anche per la previsione concernente la previa verifica dell’indisponibilità di un lavoratore già presente sul territorio italiano.

Il datore di lavoro, infatti, prima di procedere all’assunzione del lavoratore straniero, dovrà dimostrare di aver esperito ogni azione per assumere un lavoratore già presente in Italia autocertificando: il mancato riscontro da parte del centro per l’ impiego, la non idoneità del lavoratore ovvero la sua mancata presentazione sul luogo di lavoro.

Chi opera nel settore è consapevole che questa verifica preventiva costituirà un’ulteriore complicazione di un procedimento non particolarmente rodato nonostante una lunga prassi.

Ci auguriamo di essere smentiti.


AVVOCATI PER L'UCRAINA

L’Ordine degli Avvocati di Lucca, nel rispetto dell’invito del Consiglio Nazionale Forense ha creato un contact point costituito da due membri, tra cui la sottoscritta, ai quali si aggiunge un nutrito gruppo di colleghi che si sono offerti di collaborare per fornire assistenza ai profughi ucraini in questo delicato momento di emergenza.

Proprio in quest’ottica ho redatto un vademecum in grado di orientare professionisti, persone in fuga dall’Ucraina e soggetti ospitanti, sugli adempimenti immediatamente necessari.

Nel link sottostante è possibile accedervi

AVVOCATI PER L’UCRAINA